Il Veneto è Stato

È fatta. Il Veneto è indipendente. È stata una dura lotta contro lo Stato centrale (e ladro) ma alla fine la regione del nord-est italiano ha conquistato l’indipendenza dal resto del bel Paese. 

I lunghi festeggiamenti alcolici nelle piazze dei maggiori centri abitati portarono delle vittime. A Verona alcuni ultras dell’Hellas si scontrarono tra di loro, ma «in maniera totalmente goliardica»: due morti e tredici feriti. A Vicenza i gatti misteriosamente scomparsi furono qualche dozzina, mentre a Venezia un pensionato partì con la sua barca, armato di moschetto, per conquistare l’Istria e riportare all’antico splendore la città del leone. È stato ritrovato la mattina successiva arenato a Porto Marghera in coma etilico. Ad ogni modo la situazione tornò subito sotto controllo. «Ora il Veneto dimostrerà al mondo di che pasta è fatto» ha dichiarato Giancarlo Galan dopo essere stato eletto, per alzata di calice in piazza San Marco, Presidente della Repubblica Veneta.

Dopo aver dato l’incarico di formare il primo governo a Luca Zaia, Galan scrisse personalmente, e completamente da solo, la Costituzione Veneta.

Art. 1 – Il Veneto è una Repubblica democratica fondata sulla libera impresa.

Il governo Zaia fu un governo deciso e coraggioso. Per prima cosa impose la segnaletica in doppia lingua, italiano e dialetto, salvo poi abolire la definizione “dialetto” in una legge successiva, preferendo la definizione “lingua veneta”. Poi nei programmi scolastici, grazie alla riforma dell’istruzione del Ministro Jerry Calà, venne inserito l’insegnamento delle bestemmie fondamentali. Ma la sfida più grande fu quella che coinvolse il Ministero della Religione che, insieme al Ministero della Polenta, dovette operare un sincretismo religioso capace di unire i valori fondamentali della religione cristiana con la venerazione del Dio Po

Con l’impeccabile lavoro del Ministro dell’Interno Giancarlo Gentilini, il governo poi emanò vari pacchetti di norme sulla sicurezza i quali prevedevano, tra le altre cose, l’espulsione immediata degli immigrati non integrati. L’extracomunitario, per provare la sua effettiva integrazione, oltre che ad avere la tessera della Liga Veneta, doveva superare un test d’esame di dialetto lingua locale, e infine dimostrare di conoscere a memoria tutto il testo del Va Pensiero di Verdi, inno nazionale, sia nella versione italiana che in quella locale. Gli immigrati considerati “integrati” vennero quindi assunti come manodopera a basso costo. 

Diverso fu il trattamento riservato ai terroni, che vennero espulsi senza troppi riguardi. Ci fu un piccolo dibattito interno al partito su chi fosse da considerare davvero meridionale, ma la questione fu risolta con la teoria del Po come confine naturale.

Il Veneto ora era finalmente libero. Dopo qualche anno il sistema economico cominciò a scricchiolare. L’espulsione degli extracomunitari, dei terroni, degli albanesi, dei comunisti, dei testimoni di geova, dei friulani e degli ebrei non aveva fatto altro che lasciare una popolazione invecchiata e demograficamente prossima al suicidio. I necessari tagli alle pensioni per evitare il crack crearono non poco malcontento tra la gente, che cominciò a nutrire un certo odio verso il governo. Il Sindaco di Verona Flavio Tosi iniziò a criticare quotidianamente l’eccessivo centralismo di Venezia

La provincia di Rovigo, economicamente sul lastrico, vide un esodo di massa dei suoi abitanti verso le province più ricche, dove i rovigotti diventarono i nuovi immigrati, disprezzati in particolare dai trevigiani, che cominciarono per primi a chiamarli terroni.

Come se non bastasse, uno scandalo colpì Galan, nel frattempo auto-proclamatosi Doge. Un’inchiesta condotta da un nuovo giornale anti-veneziano scoprì una serie di appalti truccati per favorire aziende amiche. Tra questi appalti spunta quello della costruzione della metropolitana di Chioggia.

Al grido di “Venezia ladrona” nacquero le nuove autonomie. La Signoria di Verona, governata da Flavio Tosi Della Scala e l’Impero Padovano, guidato da Niccolò Ghedini. A prendere la guida della Repubblica di Venezia fu il nuovo Doge Renato Brunetta. A Rovigo ci fu un esperimento di Stato Socialista ma esso fallì miseramente, tanto che qualche mese dopo fu barbaramente invaso e conquistato da Venezia, che in segno di disprezzo verso la cultura rodigina bruciò vivo in piazza Natalino Balasso

La regione, frazionata ora in piccole autonomie, sembrava aver trovato un nuovo equilibrio, un’armonia solidale. Fino a quando alcune comunità tra le quali spiccavano Palù, Loreo e Piovene Rocchette iniziarono a reclamare proprie specificità, ma questa è un’altra storia.

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