Shinkansen

Qualche giorno fa ho effettuato un ordine su internet. Conscio del fatto che il prodotto arrivava dal Giappone, me l’ero messa via sui tempi di consegna. Dopo aver pagato, mi è arrivata la mail di conferma, con tanto di data prevista. Qui la mia apparente impassibilità di fronte allo schermo mascherava uno sconforto che in realtà mi stava salendo prepotentemente. Un mese. Il pacco ci avrebbe impiegato un mese ad arrivare.

Nei giorni successivi ho cominciato a chiedermi spiegazioni e a cercare di dare un senso a quel lasso di tempo inspiegabile. Possibile che nel 2014, dove io posso recarmi in qualsiasi posto del mondo in massimo 24 ore (mi risulta che questa sia la durata di un volo Londra-Sidney), una merce impieghi 30 giorni? Era ormai evidente che l’azienda giapponese dalla quale avevo effettuato l’ordine avesse optato, come mezzo di trasporto il cammello, e come percorso la via della seta. Era l’unica spiegazione plausibile. E come immagine, nella sua poesia, tutto sommato mi soddisfaceva. Così avevo placato l’angoscia, assumendo una calma molto orientale.

Questa mattina mi suonano al campanello. Con mia massima sorpresa, vedo che non sono i testimoni di Geova. È arrivato un pacco. È lui. 5 giorni contro i 30 previsti. Qui i casi sono tre:

1) Hanno sbagliato a fare i calcoli quando mi hanno mandato l’e-mail (d’altronde, mi risulta che i giapponesi siano esperti nell’arrivare prima di avvisare);
2) Hanno sbagliato volontariamente, così da farmi meravigliare dell’efficenza del popolo giapponese che quando sfida il mondo dei trasporti, vince;
3) Senza che nessuno se ne accorgesse, la via della seta è diventata una modernissima linea ad alta velocità.

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