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L’arroganza della certezza

Dopo i risultati del primo turno, nei salotti televisivi locali e nelle dichiarazioni pubbliche gli esponenti dell’amministrazione precedente ostentavano sicurezza e gongolavano spavaldi trattando la loro riconferma alla guida di Verona come una scontata formalità. “Se si sommano i voti del centrodestra è 60 contro 40”, come se la partita si potesse chiudere due settimane prima con la calcolatrice.

La speranza è che quegli stessi esponenti dell’amministrazione precedente, o gli eredi che raccoglieranno il testimone di quella galassia politica, conservino quelle immagini a futura memoria. Perché non è stato tanto il calcolo politico sbagliato – si potrebbe anche ricordare chi non molto tempo prima dava per certa la vittoria del Sindaco uscente addirittura al primo turno, ma qui non si vuole infierire – è stato l’atteggiamento. L’ingenuità nel credere che gli elettori siano bestiame da contare in recinti ideologici che in realtà non esistono quasi più. Di conseguenza, l’arroganza di poter pensare di vivere e realizzarsi su una sorta di rendita politica. Verona rimane una città che politicamente tende da una parte. Ma se la cosa più importante che si riesce a comunicare è di essere di destra e quindi la “Verona reale” – termine infelice usato da un noto presidente di una municipalizzata proprio la sera del primo turno, quasi come se le decine di migliaia di veronesi che avevano fatto una scelta diversa fossero ologrammi nel metaverso – allora si pecca della stessa insopportabile spocchia e superiorità morale che molto spesso è stata un problema di alcuni ambienti di sinistra.

La prossima volta si consiglia di meritarsi Palazzo Barbieri, e soprattutto di trattare i veronesi da persone mature e libere quali sono.

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